Il borgo di Ripafratta

La storia, i luoghi, gli edifici

Ripafratta, ultimo borgo della provincia di Pisa prima della provincia e comune di Lucca, sorge sulla riva del Serchio, nella stretta gola scavata dal fiume tra l'ultima propaggine del Monte Pisano e le colline di Vecchiano.

Il nome del luogo è stato riportato in varie forme nel corso della storia e non è chiaro quale sia la sua origine. Prima del Mille, la località era conosciuta come Ottavo, dalla distanza che la separava da Pisa, o semplicemente come Ripa. Su numerose fonti compare il nome Ripafracta, da cui l'attuale, forse a ricordo di una rottura degli argini che definì la conformazione del territorio (la "riva spezzata").

Nato come avamposto doganale per la sua posizione di confine tra le due città rivali, e dominato dalla consorteria dei Da Ripafratta, il borgo ha acquistato una sempre maggiore importanza strategica, principalmente sotto l'influenza pisana; tanto da far sorgere la necessità di rafforzare la struttura castellana dei Da Ripafratta trasformandola così in una vera e propria rocca (XII-XIII sec.), affiancata da un sistema di torri di avvistamento e difesa (di cui oggi restano le torri Niccolai e Centìno, e la torre campanaria della pieve di Ripafratta).

L'attuale chiesa di San Bartolomeo Apostolo risale al 1854-57, quando fu edificata in sostituzione di un'antica pieve romanica, gravemente lesionata dal terremoto del 1846. All'interno, sulla sinistra, si trova la trecentesca statua lignea della "Madonna di Rupecava", opera attribuita ad Andrea Pisano. La statua, scolpita in un unico pezzo eccezion fatta per le braccia della Vergine e per il Bambino, era originariamente collocata nell'eremo di Sancta Maria ad Martyres, conosciuto appunto come Rupecava, situato sui monti sopra Ripafratta e oggi purtroppo in rovina. La Madonna e l'eremo sono oggetto di particolare devozione in tutta la Valdiserchio pisana e lucchese.

Sulla parete di destra sono invece murate la pietra tombale del giovane Matteo Gambacorti, nobile pisano morto e sepolto a Ripafratta nel 1370, e la pietra di fondazione dell'originaria pieve romanica, risalente al 1326, con iscritti i nomi di alcuni degli operai.

L'altar maggiore è invece opera ottocentesca, così come le balaustre in marmo di Siena che chiudono il presbiterio. Nel coro, sulla parete, un grande quadro del XIX secolo raffigurante la Madonna con Bambino e santi.

La parete sinistra ospita invece un moderno ritratto del beato Lorenzo Da Ripafratta, domenicano. Appartenente alla famiglia dei Da Ripafratta, signori del luogo, Lorenzo nacque nel 1373, secondo la leggenda proprio all’interno della Rocca. Sempre una tradizionale locale ci racconta come avvenne la sua vocazione: poco più che bambino, giocava sulla piazza di Ripafratta, quando una carrozza si fermò improvvisamente davanti a lui. Ne scese una suora, che lo guardò e senza dire una parola lo carezzò, per poi ripartire. La leggenda identifica quella suora con Santa Caterina da Siena, in viaggio verso Avignone, sede papale, che aveva riconosciuto nel bambino la futura santità. Lorenzo divenne in effetti una personalità importante dell’ordine domenicano, di cui fu anche vicario generale. È sepolto nella chiesa di San Domenico a Pistoia, dove finì i suoi giorni nel 1456, assistendo anche i moribondi durante l'epidemia di peste. Fu proclamato beato da Pio IX il 4 aprile 1851, e la sua memoria si celebra il 27 settembre.

L'attuale torre campanaria rivela ancora la sua originale funzione militare. Si tratta con ogni probabilità di una delle torri a difesa del borgo esistenti in epoca medievale. Costruita in pietra, in bozze calcaree squadrate, ad eccezione della sommità, che è realizzata in mattoni, probabilmente a seguito del riutilizzo come cella campanaria. Alla base, è murata una lapide in pietra nella quale è incisa una croce a otto punte, di provenienza e significato sconosciuti.

Un'ulteriore torre di cui si ha diretta testimonianza era l'imponente Porta, anticamente conosciuta come "Torre del fiume", una poderosa torre-porta situata a cavallo della strada principale, che chiudeva l'accesso al borgo: sopravvissuta fino alla seconda guerra mondiale, fu fatta esplodere dalle truppe tedesche in ritirata nel 1944. Ne sopravvivono poche tracce, che perlopiù sfuggono a un occhio non attento.

La piazza della chiesa rappresenta da sempre il cuore del borgo; ospitava fino alla Seconda Guerra mondiale una grande colonna in pietra che costituiva la "berlina", ovvero la gogna pubblica di epoca podestarile. Durante il conflitto, la colonna fu abbattuta accidentalmente da un carro armato americano.

Sulla piazza si affacciano altri edifici di pregio storico, come il palazzo "della dogana" (di colore rosa), il palazzo De Wirte (di colore azzurro) e, poco più avanti, la residenza del Podestà con annesse prigioni, contraddistinta da due lapidi con stemma mediceo che ne ricordano la funzione. Suggestivi i vicoli storici: via di Sopra, vicolo del Campanile, e via Silvestro Lega, al termine della quale si trovano le tracce di un'ulteriore chiesa, quella della Compagnia del SS. Sacramento, con la sua bella facciata in verrucano bianco, oggi civile abitazione.

Farneta

La verdeggiante zona di Farneta, località a nord di Ripafratta, coincide in larga parte con l'estensione di via Giovanni Fattori: qui si trovano numerose ville signorili databili tra la fine del XIX e l'inizio del XX secolo, oltre che il chiesino di Treto, piccolo oratorio privato dedicato a San Francesco, e un antico lavatoio pubblico.